Blocco di Venezia 1813
Numismatici dal 1925
TRE INEDITE E MISTERIOSE LAMINE INCUSE DA L. 1,60 DEL BLOCCO DI VENEZIA 1813
In seguito al Trattato di Presburgo firmato tra Francia e Austria il 28 Dicembre 1805 dopo la battaglia di Austerlitz, la città di Venezia cade sotto il dominio napoleonico, ed entra a far parte del Regno d’ Italia. La città lagunare, che dopo il Trattato di Campoformido aveva vissuto quasi otto anni sotto il dominio asburgico, passa sotto la dominazione francese, vivendo un difficile periodo con imposte e tasse sempre più elevate a causa delle continue spese per le campagne militari volute dal piccolo Corso.
A Venezia, durante questi anni, vengono battute monete in argento e rame con il ritratto di Napoleone I dal 1807 fino al 1813; il 12 Agosto di quello stesso anno l’ Austria dichiara l’ ennesima guerra alla Francia, e passando da terra con gli eserciti del maresciallo Nugent e del feldmaresciallo Bellegarde, supportati dalla marina inglese posizionata nel mar Adriatico, isolano la città veneziana. Il 3 Ottobre 1813 nella stessa città, che secondo lo storico Alvise Zorzi all’ epoca conta poco meno di 160.000 abitanti, viene proclamato lo stato d’ assedio.
L’ 8 Dicembre dello stesso anno il blocco viene definitivamente chiuso è si protrae fino a 18 Aprile del 1814, quando la città si arrende agli Austriaci e Napoleone a Parigi, salutando la Vecchia Guardia, parte in esilio per l’ isola d’ Elba (20 Aprile 1814).
Durante queste blocco era intenzione dell’ autorità politica francese in Venezia battere moneta “ossidionale” per la circolazione, come si evince dall’ interessante pubblicazione dal titolo “Giornale di quanto è accaduto in Venezia durante l’ assedio 1813-1814” di Pompeo Mangiarotti. Si legge infatti, al giorno 20 Gennaio 1814, che “La Commissione temporaria di finanza, attesa la scarsezza di numerario, ha creduto bene di determinare che venisse coniata e posta in corso una moneta di blocco, per l’ammontare di un solo milione”; e poi ancora “Questa misura reclamata dalle circostanze e dalla prudenza, fu approvata anche dal signor Comandante Superiore e ne furono ordinati alla zecca i punzoni. Cinque devono essere le monete; da una parte avranno l’indicazione del loro valore e dall’ altra l’ iscrizione: Blocco di Venezia: da L.1,60; da Cent.80; 40; 20 e 10”.
Nella stessa cronaca però, il giorno 22 Gennaio, si legge che il Comando Superiore, per prevenire il timore della popolazione, nega questa “voce”, confermando che non verrà emessa né moneta di blocco né carta monetata.
Resta comunque il fatto che tutti i coni, eccetto quello del 10 centesimi, furono predisposti perché oggi conservati presso il Kunst Historisches Museum di Vienna e repertoriati nel volume di Fiala sui coni del museo austriaco.
Questo articolo nasce da tre lamine in rame, di cui una lievemente argentata, trovate in una vecchia collezione numismatica e che qui di seguito descrivo e illustro:
R/. In incuso.
Peso gr.2,14 grammi diametro 29,50 millimetri AE argentato
D/. Al centro, corona ferrea radiata; attorno REGNO D’ ITALIA; sotto valore L.1,60 e ancora. Contorno zigrinato.
R/. In incuso.
Peso gr.1,52 grammi diametro 29,50 millimetri AE
D/. BLOCCO DI VENEZIA 1813 in quattro righe; sopra stella. Contorno zigrinato.
R/. In incuso.
Peso gr.1,85 grammi diametro 29,50 millimetri AE
Non vi è alcuna segnalazione di queste emissioni nel testo di Mario Traina sulla monetazione ossidionale, mentre sul testo di Antonio Pagani riguardante prove e progetti, come sul libro di Oscar Rinaldi sulle monete coniate in Italia dalla Rivoluzione Francese ai giorni nostri, sono velocemente e quasi sommariamente descritte. Mentre sul Rinaldi, richiamando il testo di Guilleteau sulla monetazione francese, si parla sia di monete che di lamine per tutti e quattro i valori, sul Pagani si citano come moneta quella da £.1,60 e come lamine la stessa da 1,60 lire e le rimanenti tre (80, 40 e 20 centesimi). In realtà, nel Pagani Prove, si parla di un esemplare tipo “moneta” da £.1,60 conservato nell’ attuale Gabinetto del Castello Sforzesco (Medagliere Mianese-c. Brera) ed uno invece nella collezione Papadopoli al Museo Correr di Venezia, là tuttora custodite. Il primo esemplare, probabilmente in basso titolo di argento, almeno dalle immagini e dalle considerazioni del dottor Rodolfo Martini, in piombo invece il secondo (secondo il volume del Castellani sulla collezione Papadopoli). A questi due esemplari ne va poi aggiunto un terzo, in stagno, proposto nel 1995 dalla ditta Negrini di Milano nella vendita della collezione del dottor Bruno Mantegazza. In realtà un quarto doveva essere presente nella collezione Palagi di Bologna (notizia tratta dal Castellani), ma di questo esemplare non se ne ha altra menzione, né su dati tecnici nè sul luogo attuale di conservazione).
Conclusa la disamina su quelle che possono essere considerate le monete o prove di monete del blocco del 1813, passo ora ad esaminare i cosiddetti “dischetti”, o lamine, che riportano per ogni lato una faccia della moneta. Nella collezione reale sono presenti tutti e quattro i nominali che figurano battuti in stagno e sono in conservazione modesta forse a causa del materiale utilizzato. Tutti gli esemplari hanno il rovescio liscio e curioso è sapere che i tondelli giunsero nella collezione di Vittorio Emanuele III attraverso un non meglio identificato signor Fiala di Vienna nel 1903.
Un’ altra coppia di lamine del solo pezzo da 1,60 lire è conservato ancora al Museo Correr di Venezia, proveniente dalla collezione Papadopoli e in questa descritta in piombo.
Le lamine invece al Castello Sforzesco di Milano dovrebbero essere di una lega di piombo e stagno e anche queste, vista la qualità del materiale utilizzato, son in modesto stato di conservazione.
Al Kunst Historisches Museum di Vienna è infine presente una coppia di lamine dell’ esemplare da 1,60 lire della quale però non si conosce il materiale. Anche questo esemplare, come tutti i precedenti, presenta il rovescio liscio.
Questi sono gli unici esemplari che sono riuscito a reperire in collezioni pubbliche; mancano ovviamente, se ci sono, quelli attualmente conservati in quelle private.
Quello che balza immediatamente all’ occhio è che tutte le lamine analizzate, tranne quelle veneziane della Papadopoli non ben descritte ma molto probabilmente simili a quelle del re, hanno il rovescio liscio; al contrario di quelle da me trovate che hanno invece il rovescio in incuso.
Inoltre si può affermare, quasi senza dubbio, che tutti gli esemplari qui descritti e menzionati, siano “monete” o lamine, provengono dalla coppia di coni in deposito a Vienna; l’ epigrafia, i simboli incisi, la zigrinatura sul bordo e soprattutto il diametro uguale o molto similare, stanno ad indicare che il conio viennese è stato utilizzato per questo scopo. (per la descrizione tecnica dei coni si veda il riquadro al termine dell’ articolo).
Per quelle però in mio possesso, sorge spontanea una domanda: se il rovescio infatti è in incuso e sicuramente battuto con grande precisione di dettagli paragonabile a quella dei migliori esemplari segnalati, come può essere accaduto?
Probabilmente a Venezia, oltre ai coni, nel 1813 furono approntati anche i punzoni degli esemplari, almeno per quello da £.1,60. Il punzone, ovvero il “positivo” del conio che viene preparato precedentemente al conio stesso, è l’ unico strumento che avrebbe consentito di poter battere in questo particolare modo le lamine trovate. La nitidezza dei più piccoli particolari, la perfetta definizione delle caratteristiche e l’ ottima tecnica di “battitura” mi fanno supporre l’ esistenza anche di una coppia di punzoni.
Dove son però eventualmente finiti questi punzoni? Al momento, purtroppo, di essi non vi è traccia; come ricordato più volte a Vienna sono conservati solo i coni.
Queste lamine trovate in una vecchia collezione escono comunque dal lavoro eseguito sui coni ufficiali e probabilmente dai punzoni predisposti per la realizzazione finale della matrice negativa. Coni predisposti per sopperire alla scarsità di numerario a Venezia durante il blocco del 1813-1814 ma mai utilizzati per la circolazione e quindi rimasti al puro stato di prova.
Marco Rinaldi
MONETE DA £,1,60 | ||||
provenienza | metallo | peso | diametro | note |
Castello Sorzesco - Milano | AG (basso titolo ?) | 10,60 gr. | 29,7 mm. | |
Museo Correr - Venezia | P (piombo?) | 8,43 gr. | 29 mm. | dati recuperati da Papadopoli |
Collezione Mantegazza - Asta Negrini Milano | Sn (stagno) | non indicato | 29,50/30,00 mm. | diametro da immagine del catalogo |
Collezione Palagi - Bologna | non indicato | non indicato | non indicato | citato in Papadopoli ma non conosciuto |
LAMINE DA £.1,60 | ||||
collezione Reale - Roma (diritto) | St (stagno) | 4,34 gr. | 30,51 mm. | il metallo è stato repuperato dal CNI mentr peso e diametro sono stati indicati dalla Dott.ssa Angeli Bufalini |
collezione Reale - Roma (rovescio) | St (stagno) | 3,54 gr. | 30,21 mm. | il metallo è stato repuperato dal CNI mentr peso e diametro sono stati indicati dalla Dott.ssa Angeli Bufalini |
Castello Sforzesco - Milano | lega Pb/St (piombo/ stagno) | 8,52 gr. | 29,30 mm. | il peso indicato dovrebbe indicare il peso complessivo delle due lamine |
Museo Correr - Venezia | P (piombo?) | 8,81 gr. | 30,00 mm. | il peso indicato dovrebbe indicare il peso complessivo delle due lamine |
Kunst Historisches Museum - Vienna | non indicato | non indicato | non indicato | |
esemplare Rinaldi - diritto argentato | rame (argentato?) | 2,14 gr. | 29,50 mm. | |
esemplare Rinaldi - diritto | rame | 1,52 gr. | 29,50 mm. | |
esemplare Rinaldi - rovescio | rame | 1,85 gr. | 29,50 mm. | |
CONI DEGLI ESEMPLARI DA £.1,60 A VIENNA | ||||
altezza punzone | peso | diametro | ||
diritto | 21 mm. | 0,302 kg. | 30,00 mm. | Nel Fiala è indicato il peso di 0,302 kg. Non è dato sapere sé è il peso complessivo dei due coni o se quello di ogni esemplare |
rovescio | 19 mm. | 0,302 kg. | 30,00 mm. |
Si desidera ringraziare per la gentile disponibilità e per la cortese collaborazione:
- Dott.ssa Gabriella Angeli Bufalini – Roma
- Dott.ssa Cristina Crisafulli – Venezia
- Mag. Anna Fabiankowitsch – Vienna
- Dott. Rodolfo Martini – Milano
- Prof. Michele Asolati – Padova
- Prof. Giovanni Gorini - Padova